La storia dimenticata del Palazzo d’Avalos di Napoli


Camminando per via dei Mille vi sarà capitato di imbattervi nell’insegna, posta dal Comune di Napoli“Palazzo d’Avalos, sec. XVI. Ristrutturato nel XVIII da Mario Gioffredo”. Ovviamente la storia di questo nobile edificio non può esaurirsi in così poche righe.

Palazzo d’Avalos fu costruito tra il 1489 e il 1525 da Francesco Ferdinando d’Avalos e sua moglie Vittoria Colonna, marchesi di Pescara e del Vasto. Questa nobile famiglia fece costruire il palazzo con l’intento di trasferirvi il fasto della corte iberica, ma non solo. Vittoria Colonna, figlia di Federico da Montefeltro, fu una delle donne più illustri del Rinascimento. Celebre poetessa fu amica, confidente e corrispondente di Michelangelo Buonarroti. Non si ha alcune testimonianza della struttura originaria del palazzo, ma quasi sicuramente fu trasformato nel 1751 da Mario Gioffredo, allievo di Solimena e Medrano. L’architetto, che aveva redatto un primo progetto per la Reggia di Caserta prima che re Carlo di Borbone chiamasse Luigi Vanvitelli, aveva progettato per i marchesi del Vasto, così come erano chiamati i d’Avalos, anche la chiesa del Carmine in Molise. Gioffredo aggiunse sul prospetto principale del palazzo un’ampia loggia sorretta da quattro colonne in marmo bianco. Inoltre, come sottolinea Roberto Pane nell’ “Architettura dell’età barocca in Napoli”, l’architetto decise di alternare i balconi a balaustre. Particolarmente interessante è il vestibolo. Coperto a volta, è ornato da sottili fasce di stucco e presenta delle nicchie seguendo un motivo tipicamente vanvitelliano. Anche nell’ingresso del palazzo si possono ritrovare delle ghirlande di stucco che richiamano sempre l’opera Vanvitelli. Pane fa notare quanto Gioffredo, in questo palazzo, “anticipi di alcuni decenni l’architettura neoclassica”. L’abitazione ha una pianta a U e i due corpi paralleli presentano da un lato dei giardini e dall’altro due portali con due colonne. Nel 1840 l’ingegnere Achille Pulli realizzò un cancello per dividere il giardino dalla strada antistante.

Sala degli arazzi al Museo di Capodimonte

Anche gli interni ospitavano opere artistiche di un certo valore.Al primo piano vi erano i celebri affreschi di Alessandro Fischetti e gli arazzi raffiguranti la battaglia di Pavia. Si racconta che furono donati, da Carlo V di Spagna in persona, al valoroso don Ferrante d’Avalos quando, nel 1525, il suo esercito batté quello francese e fece prigioniero Francesco I, re di Francia. Nel 1862 gli arazzi furono offerti da Francesco d’Avalos al Museo Nazionale, per poi essere trasferiti al Museo di Capodimonte. Nell’Ottocento, il palazzo oltre a essere spogliato di alcune sue ricchezze, subì ulteriori trasformazioni. I due ingressi, sia quello principale, che quello di vico Vasto, furono coperti da una volta a crociera. Inoltre il cortile che precedentemente aveva una forma a L, ne assunse una rettangolare. Tra il 1885 e il 1889, infine, fu realizzata l’entrata di via de Mille poiché l’edificio fu aperto al pubblico. Durante l’ultimo conflitto bellico furono asportati i cancelli realizzati da Purri per destinarli alla costruzione di armi. Quindi fu successivamente realizzato un muro di separazione tra via dei Mille e l’area davanti a Palazzo d’Avalos che oggi preclude in parte la vista dell’edificio.

Palazzo d’Avalos  è uno dei tanti monumenti storici e artistici di Napoli che oggi sono ridotti in condizioni precarie e che troppo spesso i cittadini hanno imparato a non riconoscere.

Fonti: Benedetto Gravagnuolo, “Mario Gioffredo”, Guida, Napoli, 2002; Roberto Pane, “Architettura dell’età barocca in Napoli”, Editrice Politecnica,Napoli, 1939; Agnese Palumbo, Maurizio Ponticello, “Il giro di Napoli in 501 luoghi”, Newton Compton editori, 2014.


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