St. JAVELIN, il corso di Sorrento si colora con i volti e le storie delle rifugiate ucraine

St. JAVELIN


St. JAVELIN: questo è il nome dell’istallazione, a opera dell’artista Julia Krahn, che dallo scorso maggio caratterizza i cieli del corso principale di Sorrento. I nove teloni che, come bandiere che inneggiano alla pace, sorvolano il trafficato Corso Italia, da Piazza Tasso a Piazza Veniero, immortalano e raffigurano iconograficamente le storie delle donne ucraine che hanno trovato rifugio in penisola.

St. JAVELIN, le opere a Sorrento

Quello di Julian Krahn è un inno alla pace, nato in contrasto alle immagini di madri e donne che hanno dovuto smettere di cullare i propri figli per abbracciare le armi allo scoppio della guerra in Ucraina. Le costanti attestazioni di morte, al posto della vita provenienti dai luoghi messi a ferro e fuoco dai nemici russi, hanno mosso la fotografa a raccontare attraverso la sua arte le storie di ben otto donne scappate da quelle atrocità e arrivate nella terra delle sirene.

“Non parlo della guerra, delle sue impossibili ragioni per esistere o di chi la sta tenendo accesa, ma delle persone che la subiscono. Indifferentemente da pensiero, posizione o status, sono fuggite per salvare i loro bambini e hanno lasciato indietro i loro mariti. Oltre alla propaganda esistono persone reali. Ognuno con la sua storia. Io accolgo in studio chi ha voglia di condividere la sua dichiara Julian, ponendo al centro della sua opera non le cause, ma i drammatici risultati della guerra.

Ciò su cui l’artista tedesca vuole puntare attraverso la sua installazione è l’empatia, l’unico sentimento che, attraverso l’immedesimazione, può salvare il mondo da brutalità di tal genere. E proprio per perseguire la sua volontà di identificazione emozionale, Julian Krahn ha aggiunto alle otto raffigurazioni delle donne rifugiate, il suo personale autoritratto con tra le mani la sua più potente arma: il pulsante della sua macchina fotografica.

St. JAVELIN: le otto storie delle rifugiate ucraine e la scelta dell’autoritratto

Il nome St. Javeline deriva dal nome di una Santa nata in guerra, ispirata al missile Javelin mandato in Ucraina in sostegno della resistenza, diventata il simbolo di una Madonna protettrice. Ogni costituente dell’installazione, dal nome alle singole foto, ha un significato ben preciso, che rimanda alla cruda realtà ucraina, che da circa sette mesi caratterizza la vita della sua popolazione.

Iniziando il percorso dell’installazione da Piazza Tasso, muovendosi verso Piazza Veniero, si possono ammirare le seguenti fotografie:

ALEKANDRA: Una donna di 27 anni con un figlio di 7 anni, proveniente dal Nord Ovest dell’Ucraina e arrivata l’8 marzo a Meta di Sorrento. La data del suo arrivo in penisola, in coincidenza con la festa delle donne, ha ispirato Julian nell’immortalarla con una corona di mimose, simbolo della forza e della resistenza femminile.

MARINA: una giovane donna di 32 anni, con due figli, l’ultimo dei quali nato quattro mesi prima dello scoppio della guerra. È scappata sola con i suoi bambini, lasciando il marito e il resto della famiglia nell’Ucraina occidentale, guidando per quattro giorni e attraversando quattro paesi, per poi trovare riparo a Sorrento. La fotografa tedesca, sentendo il suo racconto, ha deciso di fotografarla mentre cullava tra le sue braccia la sua piccola bambina, simbolo di amore incondizionato, ma anche di un futuro precario.

LESYA: una donna di 46 anni, che ha cercato con tutte le sue forze di resistere agli attacchi russi e proteggere la sua terra, ma è stata costretta a lasciarla, trovando riparo dopo un lungo ed estenuante viaggio da una zia a Sorrento. L’artista l’ha immortalata mentre si toglie una corona di proiettili e la porge agli spettatori, lasciando a noi la decisione di cosa farne con essi.

JULIANA: una giovane pasticceria di 27 anni che, dopo 5km percorsi a piedi e 30 ore di bus, con i suoi bambini è giunta finalmente in Italia. Nella sua foto Juliana porta con sé grano e il pane tipico ucraino, il cui nome, Palianytsia, risulta non di facile pronuncia ai Russi, simboleggiando una potente arma di riconoscimento.

OLGA: una donna di 74 anni che non aveva mai viaggiato e che costretta dalle bombe si è ritrovata nel giro di pochi giorni ad attraversare molti paesi in treno e autobus per salvarsi. Julian l’ha identificata con l’Oranta di Kiev, madre delle madri che alza le mani in segno di benedizione del mondo.

OLENA: un’agente immobiliare di 38 anni, che con sua figlia ha attraversato vari paesi in auto per arrivare a Sorrento. Indossa, come scudo e corona, le notizie comunicate dai giornali e collezionate in questo lungo asse temporale. Vicino a sé tiene il telefono, unico mezzo di comunicazione con il marito e i parenti rimasti nella terra bombardata.

GAIKA: una cittadina di Kiev di 38 anni, scappata con i suoi due figli. Tra le mani afferra una pala, simbolo di morte e soprattutto delle fosse comuni.

KIRA: la più piccola rifugiata accolta dalla popolazione di Sorrento. Durante il primo incontro con la fotografa tedesca, le ansie e le preoccupazioni della piccola Kira sono state spazzate via dalla purezza dell’infanzia, alla vista di un palloncino giallo con cui giocare. Da qui nasce il motivo della foto, simbolo della purezza infantile, che ancora può salvare il mondo.

JULIAN KRAHN: l’autoritratto dell’artista dove, immedesimandosi nel dolore delle donne del suo set, l’afferra tra le mani il pulsante della macchina fotografica, che rappresenta il suo modo di combattere la guerra con l’arte e la cultura.


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