La storia tormentata della Basilica di Santa Croce

Basilica di Santa Croce


La Basilica di Santa Croce è il cuore della vita spirituale della città di Torre del Greco, al suo interno si celebrano le funzioni più importanti e sentite dai fedeli e la storia della sua imponente struttura dovrebbe essere un vanto per tutti i torresi.

La chiesa, dedicata all’invenzione della Santa Croce di Gesù, fu eretta agli inizi del XVI secolo per sostituire l’antica chiesa madre di Santa Maria Maggiore, diventata ormai troppo piccola per il crescente numero di fedeli. L’intera opera di costruzione fu finanziata da laici, che riuscirono così a mantenere un certo controllo economico sulla chiesa e, nel 1517Papa Leone X concesse loro, addirittura, il privilegio di presentare al Cardinale i candidati alla nomina di parroco. Si racconta che le offerte dei possidenti torresi per la costruzione furono lasciate in barili di legno ai piedi di una croce, proprio nel punto in cui sarebbe stata eretta la struttura che, da questo avvenimento, prese il nome di Santa Croce.

Matteo Rosselli, Invenzione della Santa Croce

Matteo Rosselli, Invenzione della Santa Croce

In seguito alle disposizioni del Concilio di Trento, la chiesa divenne una parrocchia e, nel 1584, don Vincenzo Raiola fu nominato primo parroco di Santa Croce. Le relazioni delle visite cardinalizie del 1696 e del 1714 riportateci dal Loffredo ci danno un’idea di quanto fosse maestosa la facciata esterna della parrocchia che, rivolta verso il mare, sovrastava l’antica strada regia.

Francesco Balzano, nel 1688, descrive l’interno e le opere presenti nella vecchia basilica: la navata centrale con cinque arcate su ogni lato, poggiate su solidi pilastri di pietra nera, l’altare maggiore di marmi pregiati con il quadro dell’ “Invenzione della Santa Croce” di Francesco De Mura; la navata sinistra con il fonte battesimale, le cappelle di San Giuseppe con tela di Paolo De Matteis, di San Nicola da Bari, di Santa Candida e il transetto con l’altare dell’Esaltazione della Croce e la cappella del Crocifisso (o di Sant’Antonio da Padova); la navata destra con l’ingresso alla sagrestia, le cappelle dell’Annunziata, della Madonna della Speranza tenuta dall’associazione dei Calzettari, del Cristo morto e il transetto con l’altare marmoreo di San Gennaro eseguito da Lorenzo Vaccaro e tela di Francesco Solimena, e con la cappella dell’Immacolata, dove era anche la statua di San Eugenia “la cui effige – dice il Balzano – si pigliò dal naturale della signora donna Anna Carafa, nostra padrona e vice regina del Regno“.

Cima del Vesuvio troncata dopo l'eruzione del 1794

Cima del Vesuvio troncata dopo l’eruzione del 1794

Tutte queste opere d’arte furono distrutte dell’eruzione del 1794, che rase al suolo l’intera struttura, eccetto il campanile, che rimase per un terzo sotterrato dalla lava. I torresi chiesero al Cardinale Zurolo di ricostruire la chiesa, ma a prendere l’iniziativa fu il vice parroco don Vincenzo Romano, oggi Santo. Infatti, il 5 Giugno 1796, sostituendo il parroco Gennaro Falanga, uscì processionalmente dalla parrocchia, accompagnato dal clero e dal popolo e pose la prima pietra della nuova costruzione; dopo di che, deposti i sacri paramenti, cominciò a trasportare le pietre e così da quel giorno, seguito dai fedeli, lavorò in mezzo agli operai.

Beato Vincenzo Romano

Beato Vincenzo Romano

I lavori, curati dall’architetto Ignazio di Nardo, terminarono nel 1827, quando don Vincenzo Romano fu nominato parroco. La struttura si presentava simile alla prima, ma molto più imponente, con la facciata, sempre rivolta verso il mare, adornata dalle statue di san Gennaro e sant’Elena di Beniamino Cali, ed è rimasta quasi inalterata fino ad oggi. Sul portale centrale, una lapide marmorea ricorda la nuova costruzione: “Questo nuovo tempio in onore della Santa Croce del N.S. Gesù Cristo sopra le rovine del vecchio tempio distrutto dal torrente di fuoco del Vesuvio il 15 giugno 1794 gli Ercolanesi (cioé i Torresi), innalzate le preci al cielo, per ammirabile provvidenza di Dio, costruirono. Nell’anno del Signore 1827“.

La storia della Basilica di Santa Croce è un esempio di come si può ricostruire anche sopra le macerie se si vuole davvero, non a caso la chiesa è il simbolo più visibile e potente di una città che ha per motto: “post fata resurgo” (“dopo la morte, risorgo“).


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