Sarri alla Juventus. I tre grandi sconfitti della rivoluzione bianconera


L’operazione di Sarri alla Juventus porta in dote tre grandi sconfitti. La rivoluzione copernicana della famiglia Agnelli ha già messo un bel po’ di pepe a questo campionato che sta per cominciare. La società di De Laurentiis con un video ironico saluta il suo ex condottiero. Il patron già non si è risparmiato a tirare sassi nei confronti di Sarri, dipingendolo come uno zotico della panchina (“Sarri sta sempre in tuta e bestemmia“, ndr). Ma prima di lui, lo stesso trainer nato a Bagnoli aveva tentato di prendere a picconate lo spogliatoio degli azzurri parlando di frasi di circostanza quelle rilasciate da alcuni suoi ex allievi. Leggasi Insigne e Zielinski.

SARRI ALLA JUVENTUS. E qui si rintraccia il primo grande sconfitto di questo trasferimento: lo stile. Sarri non ne ha avuto nel rivelare questo dettaglio a dir poco superfluo che mina solo l’immagine dei due calciatori. Il declamato “stile Juventus” si riassume forse così? Allo stesso modo De Laurentiis, non nuovo a certe uscite, poteva risparmiarsi di prendere a pallonate il suo ex allenatore. Questione di stile che nessuno dei due ha mostrato di possedere.

SARRI ALLA JUVENTUS. Il secondo grande sconfitto è invece Massimiliano Allegri. E’ quello di cui si sono perse le tracce da quando lo abbiamo visto commuoversi insieme ad Agnelli in quella conferenza stampa che serviva a indorare la pillola che con la scelta di Sarri ha probabilmente fatto molto male al suo acerrimo nemico. Lo immaginiamo Allegri che pochi mesi prima aveva parlato di spettacolo al circo, aver sopportato l’impacchettata conferenza stampa di addio e vedere gli sguardi innamorati della nuova triade Agnelli, Paratici e Nedved rivolti a colui sbeffeggiato dal fidanzato di Ambra come l’uomo perdente, incapace di vincere trofei. Nel frattempo Sarri trionfa in Europa League e si siede al suo posto. Perché la Juventus era stanca della povertà del gioco nonostante l’acquisto milionario di CR7.

Chi ne esce con le ossa rotte è anche il pubblico di Napoli. Si era innamorato di uomo, del suo modo di comunicare, di entrare in simbiosi con i bisogni e lo spirito di riscatto di un popolo in eterna attesa del sua vendetta contro i potenti che hanno relegato la città e il Sud come subalterno al resto d’Italia. I tifosi hanno pagato il sentimentalismo, la passionalità che questo popolo ci mette quando ti fai apprezzare. Così diventa poco malizioso, si lascia abbindolare e alla fine come una fidanzata delusa si arrabbia. E come dargli torto.


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