Porta Nolana, la “porta che cammina”: storia di un monumento lasciato all’abbandono


Napoli è una delle poche città in cui passato e presente coesistono perfettamente. La storia di questo capoluogo è percepibile in ogni pietra, in ogni palazzo e in ogni piazza. Eppure raramente si riescono a identificare tutte le testimonianze delle epoche passate, dato che si sono integrate perfettamente con le costruzioni attuali. Particolarmente interessanti sono le Porte napoletane. Ci ricordano che un tempo vi erano dei varchi precisi che bisognava attraversare per poter dire di essere arrivati nella città della sirena Partenope. Varchi che sostenevano mura difensive, che proteggevano tesori e cittadini. Alcune Porte prendevano il nome delle famiglie nobiliari che risiedevano in zona, altre si rifacevano al quartiere in cui venivano costruite, certe richiamavano le denominazione dei suoli limitrofi. Oggi se ne possono ammirare solo quattro: Porta San Gennaro, Port’Alba, Porta Capuana e Porta Nolana.

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Porta Nolana

Quest’ultima è situata non lontano da piazza Garibaldi, simbolo di integrazione e multiculturalismo. Sembra sorretta dalle due torri di piperno che la circondano, datate 1555, dette della Speranza (quella a Nord) e della Fede o Cara Fè (quella a Sud). Questa è attualmente sormontata da balconcini e finestre. Nel V secolo d. C. Porta Nolana era situata nella zona di Forcella, tra l’ospedale Ascalesi e la basilica dell’Annunziata, ed era conosciuta per questo motivo con il nome di Porta Furcillensis. Alla fine del XV secolo gli aragonesi decisero di spostarla (per questo nel titolo abbiamo scritto “porta che cammina”) dove si trova oggi, nell’atto di ampliamento delle mura cittadine.

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Porta Nolana

Ma come mai è stata poi chiamata “Nolana”? Semplicemente perché fu realizzata lungo la strada che portava a Nola. La costruzione della nuova Porta fu affidata allo scultore e architetto Giuliano da Maiano che realizzò sull’arco a tutto sesto un bassorilievo rinascimentale rappresentante Ferrante I d’Aragona, a testa scoperta, con indosso l’armatura e la corona, in groppa a un cavallo. Al di sotto della scultura manca la scritta “Ferdinandus Rex / Nobilissimae Patriae”. Il fornice della Porta è rivestito da un’ornia di marmo incorniciata da un toro e sovrastata da tre stemmi sporgenti. Quello centrale raffigura le armi aragonesi intrecciate con quelle angioine e presenta le Fasce di Francia e della casa d’Angiò, le armi d’Ungheria, i gigli e la città di Gerusalemme, la croce potenziata e quattro croci più piccole. Laterali vi sono due scudi sannitici raffiguranti armi ormai non più visibili. Nello spessore del muro vi è ancora la scanalatura per la saracinesca. La Porta mostrava inoltre un affresco di Mattia Preti con protagonista san Gennaro, in compagnia di san Francesco e santa Rosalia, mentre riceve l’apparizione dell’Immacolata con il Bambino Gesù in braccio. Il Santo Patrono chiede alla Madonna di aiutare la popolazione napoletana falcidiata dalla peste. L’affresco è stato però totalmente cancellato, probabilmente nell’Ottocento.

Sfortunatamente, nonostante la perdita di alcune opere presenti su questo splendido monumento, Porta Nolana continua a non essere notata e valorizzata da coloro che ha giurato, da diversi secoli, di proteggere.

Fonti: Agnese Palumbo, Maurizio Ponticello, “Il giro di Napoli in 501 luoghi”, Roma, Newton Compton Editori, 2014

Vincenzo Napolillo, “Mattia Preti: Artefice del Seicento”, Cosenza, Edizioni Orizzonti Meridionali, 2013


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