Real Fabbrica di Capodimonte. Le porcellane di re Carlo esportate in tutto il mondo


La ricchezza artistica e culturale della Campania non finirà mai di sorprendere. Tante e diverse sono le innovazioni nate in questo territorio che hanno lontane origini.
Tra le creazioni artigianali partenopee che vantano un primato d’eccellenza nel mondo, vi sono senza dubbio quelle in porcellana di Capodimonte, facilmente distinguibili grazie al marchio celeste sottostante ogni prodotto che rappresenta un giglio borbonico in colore azzurro.

La produzione di porcellana ha inizio nel 1743, nei primi anni della dinastia borbonica, quando re Carlo di Borbone e sua moglie Maria Amalia di Sassonia decisero di fondare, prendendo come riferimento la porcellana tedesca prodotta nella fabbrica di Meissen, la Real Fabbrica di Capodimonte situata all’interno dell’omonima Reggia.
Attualmente la fabbrica è adibita a Museo e, nella Galleria delle Porcellane – sala 35 e 36 -, conserva i pezzi più celebri della tradizione partenopea.
Oltre che nel Museo di Capodimonte, le porcellane sono custodite anche nel Museo Duca di Martina, presso la villa Floridiana, nel Museo Filangieri e nel Museo Diego Aragona Pignatelli Cortes.

Ciò che ha distinto questa produzione rispetto quella tedesca e francese, è l’assenza della roccia di caolino.
Per tale ragione l’impasto, composto da più argille unite al feldspato, risulta essere molto più tenero e dal colore latteo, caratteristica che ha reso questa manifattura unica al mondo.
Tra le figure di spicco che diedero un forte contributo alla produzione vi furono lo scultore Giuseppe Gricci, l’artista e decoratore piacentino Giovanni Caselli e il chimico Livio Vittorio Schepers, che migliorò la qualità e la composizione dell’impasto.
La massima espressione dello stile artistico e pittorico di Capodimonte è il celebre Salottino di Porcellana creato per la regina Amalia dallo sculture Gricci, tutt’oggi situato nella sala 52 della Reggia di Capodimonte.

Dal 1759 la produzione conobbe un periodo di stasi nel momento in cui il re Carlo di Borbone tornò in Spagna e portò con sé tutti i materiali e le opere lasciando sul trono di Napoli il figlio Ferdinando di soli nove anni.
Nel periodo compreso tra il 1773 e il 1780, con Ferdinando IV ormai adulto, la produzione ritornò ad essere prosperosa sotto la direzione artistica dell’illustre pittore e scultore Francesco Celebrano.
Nonostante ciò, il periodo più florido della Real Fabbrica di Capodimonte si è avuto nel ventennio tra il 1780 e il 1800 con la nascita di una vera e propria scuola d’arte diretta e guidata da Domenico Venuti, all’interno della quale furono realizzati dei preziosissimi servizi da tavola in porcellana che sono ancor oggi conservati nel Museo.

A partire dal 1806, con l’avvento della dominazione francese la fabbrica fu lasciata nelle mani di un gruppo di privati che portarono avanti la produzione a condizione che i re francesi acquistassero gran parte dei prodotti. Tuttavia l’accordo non fu mantenuto e gli artisti napoletani, per tener viva la tradizione ed alte le vendite, inventarono nuovi stili rappresentando scene di napoletanità apprezzate sia dalla borghesia locale che dai turisti.
Nel periodo a ridosso dell’Unità d’Italia, la produzione subisce un forte cambio di rotta, passando dalla realizzazione di pregiati servizi da tavola a manifatture caratterizzate da uno stile floreale puramente decorativo che continua a vivere oggi come tratto distintivo della ceramica artigianale di Capodimonte.

Attualmente l’attività sopravvive non solo grazie ai diversi artigiani presenti sul territorio, ma anche grazie all’istituto G. Caselli fondato nel 1961, situato nel Parco di Capodimonte nell’antica struttura della Real Fabbrica delle Porcellane di Capodimonte, che ha il compito di tramandare una lunga tradizione e formare i ragazzi nel settore della ceramica e della porcellana.

Fonte: www.porcellanedicapodimonte.it


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