Sant’Antonio Abate: secoli prima del “boss” fu teatro di una sanguinosa battaglia

Hotel La Sonrisa (foto: pagina Facebook)


Sant’Antonio Abate, piccolo comune di quasi 20 mila anime nell’entroterra stabiese, è ormai conosciuto in tutta Italia grazie al nome di don Antonio Polese. L’imprenditore scomparso recentemente ha edificato lì, la procura indaga ancora se abusivamente o meno, il suo castello, la “Sonrisa”, location prediletta per i matrimoni più eccessivi di Napoli. Tale era la fama del posto che il canale Real Time ha deciso di dedicare un intero programma, “Il Boss delle Cerimonie”, alla famiglia Polese ed al locale, trasmissione che continuerà probabilmente anche dopo la morte del “boss”.

Fortunatamente, Sant’Antonio Abate non è solo questo e la sua storia ha origini ben più antiche di quelle della discussa azienda locale. Divenuto comune autonomo solo nel 1925, distaccandosi quattro anni dopo dalla vicina Lettere, era popolato da ben prima che gli antichi greci occupassero la nostra penisola. Come popolazioni indigene si sono susseguiti gli Opici, gli Osci, gli Etruschi, i Sanniti ed i Campani, solo in seguito sostituiti dai Romani. Alcuni resti archeologici attestano la presenza di questi ultimi: il più importante è una villa riportata alla luce nel 1974.

Panorama di Sant'Antonio Abate

Panorama di Sant’Antonio Abate

Secondo lo storico Procopio di Cesarea, Sant’Antonio Abate fu anche teatro di una sanguinosa battaglia per il controllo di tutta la regione. Nel 553 d.C. l’Impero Romano d’Oriente aveva invaso l’intero territorio per scacciare i Goti insediatisi, ma i nativi, guidati da re Teia, continuavano a lottare in una strenua resistenza. Proprio sul suolo dove ora sorge Sant’Antonio Abate si racconta che re Teia venne ferito a morte. I Goti si dispersero ed abbandonarono la regione, mentre il cadavere del sovrano venne gettato in un pozzo.

Il vero e proprio insediamento urbano nacque intorno al XV secolo con l’unione di più masserie che lavoravano le numerose produzioni agricole locali. In tempi più recenti, infatti, l’economia della zona si è incentrata quasi esclusivamente sull’industria agro-alimentare, in particolar modo per quanto riguarda la lavorazione e trasformazione dei pomodori.


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