Via Arenaccia e le sue “petriate”: perché questa strada si chiama così? Ecco la risposta


Si è detto più volte che le strade di una città non sono semplicemente infrastrutture destinate alla circolazione di mezzi e persone e costruite per facilitare gli spostamenti. Costituiscono, anzitutto, il nostro patrimonio culturale; ciascuna di esse, infatti, cela dietro il suo nome un pezzo di storia, leggenda, aneddoti, mestieri che non esistono più e radici di parole antichissime. Per tale motivo è molto importante, se non necessario, che ognuno di noi apprenda le radici del proprio quartiere affinché possiamo tramandarle e contribuire alla loro preservazione nel tempo.

Oggi, per la nostra rubrica dedicata all’odonomastica napoletana, è la volta delle suggestive origini del nome della via che divide i quartieri Vicaria, San Lorenzo e San Carlo all’Arena. Sto parlando di via Arenaccia che etimologicamente ha le stesse origini di Arena e Arenella salvo le differenze dal diminutivo al peggiorativo.

Questa zona che oggi fa parte della Terza e Quarta Municipalità di Napoli trae il suo odonimo dai depositi di sabbia – l’arena appunto – lasciati nei periodi di siccità dai torrenti delle acque piovane che anticamente calavano dalle colline del Vomero e dal monte dei Camaldoli. L’acqua piovana incontrava la sabbia in quella che oggi chiamiamo San Carlo all’Arena e la trascinava fino a raggiungere la parte piana della città invadendola, appunto, di arenaccia.
A causa dell’esteso spazio sabbioso e della grande quantità di ciottoli che lo caratterizzavano, nel ‘500 questo quartiere ospitava frequenti tornei e giostre. Tuttavia divenne, ben presto, famigerato per l’usanza da parte di bande di scugnizzi di andarvi a scatenare violente “Petriate” –dal lat. petra – ovvero delle vere e proprie battaglie con le pietre. Un fenomeno, questo, assai diffuso e pericoloso che causava molto spesso feriti anche gravi. Tra i vani tentativi, da parte dei governanti, di arginare questi “giochi” si ricorda il provvedimento del viceré duca d’Alba che, nel 1625, fece arrestare ben trenta capi “sassaioli”. Ricorderanno, inoltre, i napoletani più veraci la colorata espressione dialettale che recita “Menàte ‘e grosse, pecché ‘e piccerelle vanno dint’ a ll’uocchie!” ovvero “Tirate le (pietre) grandi, giacché quelle piccole vanno negli occhi!”

scugnizzi


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