Blazar, ricercatore napoletano scopre la natura dei misteriosi buchi neri


Sono in grado di liberare in ogni istante una quantità di energia pari a quella emessa dall’esplosione di un milione di miliardi di miliardi di bombe atomiche lanciate tutte assieme. Solo questo e poco altro si sapeva fino ad oggi dei Blazar, i misteriosi fasci di energia luminosa provenienti dalle galassie dello spazio e sulla cui origine e natura gli scienziati e gli studiosi di tutto il mondo indagavano da anni. A svelarle alla fine è stato un ricercatore napoletano del dipartimento di Fisica dell’Università Federico II.

Raffaele D’Abrusco, infatti, assieme ad un suo collega dell’Università di Torino – Francesco Massaro -, è stato il coordinatore di un progetto internazionale di ricerca al quale hanno partecipato alcune tra le più importanti Università del mondo, l’Istituto nazionale di astrofisica, l’Istituto nazionale di fisica nucleare e persino la Nasa in persona.

Ebbene, il lavoro svolto da questa equipe di primissimo livello ha dato i frutti sperati. I ricercatori hanno, infatti, precisato che i Blazar non hanno nulla a che fare con la materia oscura, sulle cui tracce il mondo scientifico sta impegnando negli ultimi tempi le principali risorse. Più che altro “si tratta, invece, di buchi neri – spiega sulle pagine di Repubblica.it l’altro astrofisico napoletano che ha preso parte alla prestigiosa ricerca, Giuseppe Longo – di grande massa annidati al centro di enormi galassie molto distanti dalla Terra che convertono in energia luminosa le grandi quantità di materia che per mero accidente vi cadono dentro”. “Getti molto luminosiprecisa Raffele D’Abruscoemessi in un cono stretto rivolto verso la Terra sotto forma di raggi gamma difficili da vedere“.

Talmente imperscrutabili all’occhio umano che gli scienziati hanno dovuto fare affidamento sui più potenti telescopi in dotazione alla Nasa e nei più importanti osservatori del mondo, quello di Kitt Peak in Arizona e del deserto di Atacama sulle Ande. Ne è valsa la pena, però, visto che sono stati individuati ben 200 Blazar, spesso oscurati dall’atmosfera. “Per questo – ha proseguito D’Abrusco – abbiamo utilizzato anche il telescopio spaziale Fermi, messo in orbita dalla Nasa. Ed è un cielo ben diverso quello osservato. Ci sono almeno 4-5 mila sorgenti di energia, spesso sconosciute. Non si sa, infatti, quale astro le abbia emesse, né si riesce ad associarle ad un fenomeno cosmico“.

Almeno, però, adesso si è meglio compresa la loro natura ed ulteriori studi potranno indagare sempre più a fondo su questo ennesimo mistero dello spazio. E tutto ciò grazie, tra gli altri, ad alcuni studiosi napoletani e all’Università Federico II.


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