VIDEO. Striscioni sulla strage di Superga, Report svela: “La Juve sapeva tutto”


Ieri nell’attesissima puntata di Report, sul triangolo tra Juventus- Ndrangheta e ultras, sono emerse delle presunte verità sconvolgenti. Una società, quella della Juventus, ostaggio e complice di una parte della tifoseria mafiosa, che è riuscita da sempre non solo a dettare legge ma a spuntarla sempre per ogni capriccio e per ogni personale imposizione. E anche se i dirigenti dei piani alti non trattavano direttamente con questi tifosi, sarebbero stati a conoscenza delle loro subdole, meschine e sporche magagne e non avrebbe mai fatto niente né per mettere freno a tutto questo, né per denunciare una situazione ormai incontrollabile.

Tra i tanti argomenti emersi ieri, dalla tifoseria macchiata e infiltrata da gruppi di tifosi legali alla malavita, alla misteriosa morte dell’ultras, il cui suicidio è stato presentato, con sostegno di prove, come o un’istigazione o una “copertura” di un vero omicidio, si è parlato anche di uno degli atti più spregevoli e inumani che la tifoseria bianconera si sia macchiata: l’esposizione di striscioni indegni che inneggiavano alla strage di Superga, durante il derby contro il Torino del 23 febbraio 2014.

Ma come è possibile che questi striscioni vergogna sia riusciti ad entrare nello stadio? Report ha spiegato come è stato possibile tutto ciò.

Figura di spicco che appare nelle trattative è il manager della security Alessandro D’Angelo, il quale era a conoscenza dell’affronto che gli ultras stavano pianificando di compiere con quegli striscioni vergognosi. E lo ha permesso, anzi li ha agevolati.

Il tutto emerge da alcune intercettazioni telefoniche tra il manager e il tifoso morto, Raffaello Bucci. Il manager palesa la sua disponibilità ad aiutare la tifoseria e anche a pagare la sicura multa per quegli striscioni offensivi, anche se durante la chiamata dice: “No ti prego, no Superga”. Ma il capo della sicurezza è così sotto scacco che non può trattare. E alla fine Superga fu. Con due striscioni: “Quando volo penso al Toro” e “Solo uno schianto”

E come riescono a  svincolarsi dalla sicurezza? Facendo entrare gli striscioni, chiusi in due zaini, attraverso il camion del cibo e delle bevande, che non venne controllato dalla sicurezza. E per evitare problemi è il capo della sicurezza che si assicura anche la complicità del capo del ristoro.

Andrea Agnelli, solo successivamente, ne venne a conoscenza. Anche se non si è sporcato le mani direttamente nella trattativa, il presidente della Juventus seppe chi fece entrare striscioni non leciti allo stadio. Eppure nonostante le telecamere di sicurezza avessero immortalato il capo della sicurezza che contrattava con gli ultras, Andrea Agnelli non denunciò. Fece solo un blando rimprovero a D’Angelo.

Per poi, il giorno dopo il derby, criticare quello scempio con un tweet: “No agli striscioni canaglia”.

Bene, in quella tragedia sono morti 31 giocatori innocenti. Giocatori del “Grande Torino” che con le loro imprese calcistiche avevano portato all’apice il nome dell’Italia calcistica. In quella tragedia sono morti 31 padri, figli, fratelli di famiglie inconsolabili. E a prescindere dall’orrore mafioso che c’è dietro, questi tifosi hanno giocato con la sensibilità, il cuore di tante persone, sbeffeggiando la morte. Un atto atroce. Un gesto insano e malato.

Ecco il servizio di Report:


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