Uccisi per sbaglio: storie di giovani vittime innocenti della camorra

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Tutti pregano e sperano per la piccola Noemi, la bimba ferita nell’agguato. Tutti chiedono la testa di quello spregiudicato aguzzino e dei suoi complici. I cittadini chiamano a gran voce l’intervento delle istituzioni, e le istituzioni invocano la collaborazione dei cittadini.

Oggi possiamo affermare con certezza un dato. Ci si era un po’ disabituati alle stese in pieno centro, al ferimento di persone innocenti e alle saracinesche fumanti. Ormai si credeva che avvenimenti del genere potessero succedere solo nella prossima puntata di Gomorra.

Invece la realtà ha di nuovo superato qualsiasi rappresentazione e ha fatto ripiombare Napoli nelle proprie paure. “Ripiombiare” sembra il termine più adattato, dato che la nostra città non è nuova a questa tipologia di episodi. Noemi infatti è solo l’ultima di una lista di giovani, i quali si sono trovati ad esser bersagli delle pistole della Malavita. Molti dei quali con un esito tragico. 

A Torre Annunziata, tutti ricordano il 26 Agosto 1984 come una giornata di terrore. In quella data infatti avvenne la cosiddetta “Strage del Circolo dei Pescatori” o “di Sant’Alessandro”, che trasformò la cittadina in un vero e proprio campo di battaglia. L’agguato era stato organizzato per freddare il boss Valentino Gionta, utilizzando un commando di killer. Furono uccisi sei uomini del clan torrese; Gionta invece riuscì a fuggire. Tra le vittime lasciate sul Largo delle Grazie, non vi furono però solamente camorristi. Perse la vita anche il giovane Salvatore Fabbrizzi, un ragazzo di 20 anni che nulla aveva a che fare con la criminalità. Ebbe solo la disgrazia di trovarsi nel posto sbagliato. Inoltre fu anche ferita una bambina, la quale non riuscì ad entrare nella chiesa vicina per ripararsi.

Altra vicenda più vicina ai giorni nostri, risale ai tempi della Faida tra i Di Lauro e gli scissionisti. Il 6 Novembre 2004, il 26enne Antonio Landieri (ragazzo affetto da disabilità motorie)  stava giocando a calciobalilla con gli amici, in un bar di Scampia. Ad un tratto però, i suoi amici notarono delle persone armate che dalla strada venivano verso di loro. I killer avevano scambiato i ragazzi per un branco di spacciatori antagonisti e subito avevano deciso di farli fuori. Iniziò così un’atroce sparatoria che costrinse i giovani a fuggire dal locale.

Alla fine tutti riuscirono a salvarsi meno che Antonio, che per colpa del suo handicap non riuscì a seminare i balordi. Gli aguzzini lo uccisero con due proiettili alla schiena, per poi rendersi conto di aver sbagliato persona. Antonio è la prima vittima disabile innocente della storia della Camorra. Nel 2007, è stata fondata un’associazione in suo onore, con lo scopo di recupero e promozione culturale sul territorio.

Annalisa Durante

Qualche mese prima dell’uccisione di Antonio Landieri, un altro caso simile sconvolse l’opinione pubblica partenopea. Stiamo parlando dell’omicidio di Annalisa Durante, la ragazzina di Forcella uccisa per sbaglio sotto casa nel Marzo del 2004. I suoi aguzzini avevano puntato infatti a Salvatore Giuliano detto ‘O Russo, nipote dell’allora boss Ciro Giuliano. La preda però, che si trovava a passare la serata con la giovane Annalisa, si fece scudo col corpo della ragazza. Giuliano riuscì a scappare mentre Annalisa morì subito dopo l’agguato, tra le braccia sofferenti dei genitori. Aveva solamente 14 anni. Dalla trascrizione dei suoi diari personali, Matilde Andolfo pubblicò poi l’opera “Il diario di Annalisa”.

Come non ricordare poi Genny Cesarano: era la notte del 12 settembre del 2015 quando rimase ucciso durante una stesa di camorra in piazza Sanità. O ancora Ciro Colonna, ammazzato a 20 anni a Ponticelli perché si trovò nel bel mezzo di un agguato camorristico in cui il vero obiettivo era il ras Raffaele Capparulo.

Era invece il 10 agosto del 2000 quando un errore, un terribile errore, pose fine alla vita di due ragazzi, poco più che ventenni: si tratta di Gigi Sequino e Paolo Castaldi, assassinati per mano della camorra, nel quartiere Pianura di Napoli. Tante le indagini che hanno condotto alla verità a distanza di anni: l’omicidio è stato causato da uno scambio di persona. La colpa dei due ragazzi era di trovarsi in un’auto simile a quella del vero obiettivo.

Il 18 maggio 1990 a rimanere ucciso fu Nunzio Pandolfi, aveva solo due anni. Era in bracco alla zia quando un proiettile, indirizzato al padre, lo colpì ponendo fine alla sua vita. Il 21 luglio 1991 morì Fabio De Pandi, 11 anni, a causa di un proiettile vagante che doveva uccidere uno spacciatore. Lo stesso giorno morì Angelo Riccardo, 21 anni, nel mezzo di un conflitto a fuoco tra clan rivali. Palma Scamardella, 15 mesi, fu uccisa il 12 dicembre 1994: i colpi erano diretti a suo zio. Gioacchino Costanzo, a soli due anni, è morto trucidato in auto insieme allo zio, un contrabbandiere.

Queste, e tante altre, sono le giovani vittime innocenti che come Noemi hanno trovato sul loro tragitto persone spietate, barbare, che hanno spento loro la vita. Nel caso di Noemi la pista più plausibile, al momento, sembra non quella camorristica ma di una vendetta personale. La sostanza non cambia. Bisogna riflettere su questo dato, cercando di capire come è possibile sconfiggere un sistema camorristico soffocante e pericoloso.


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