Il Sud non può più aspettare l’Italia, Campania regione d’Europa più a rischio povertà

Giornata Mondiale della povertà. Povertà


Non c’è più un minuto da perdere. Il Sud rischia di affogare e di trascinarsi a fondo il resto del Paese. Se il Governo non deciderà di accendere il secondo motore dell’Italia, è l’intero territorio a rischiare di imbarcare acqua da tutte le parti. La Campania è la regione nell’eurozona con la percentuale più alta di popolazione a rischio povertà o esclusione sociale. Il 41,4% dei suoi abitanti vive in condizioni ben al di sotto della media continentale ferma al 16,8%, sono i dati evidenziati dall’Eurostat Regional Yearbook 2020. Non se la passano meglio le altre aree del Mezzogiorno con la Sicilia al 40,7% e la Calabria al 37,7%.

Numeri drammatici che da soli basterebbero ad un deciso cambio di rotta in controtendenza alle politiche sperequative a scapito del Sud. Nell’ultimo ventennio, in particolare, la frattura tra le due aree del Paese si è ulteriormente dilatata contribuendo all’impoverimento anche della zona industriale del Nord che nel Mezzogiorno d’Italia dispone di un florido mercato interno. Un cane che continua a mordersi la coda.

L’Italia ha, però, una grande occasione con i quattrini a pioggia che precipiteranno grazie alla NextGeneration Eu (recovery fund, ndr). Rimuovere le disuguaglianze economiche e sociali, pareggiare il campo di gioco con il riequilibrio territoriale, creare le condizioni di ricchezza attraverso progetti dal respiro unitario, miglioramento delle infrastrutture e dimunizione della disoccupazione che al Sud raggiunge picchi spaventosi. E’ l’ultima chiamata per un Paese con il fiato sul collo dell’Europa. I soldi dovranno spenderli bene e consentire la ripresa soprattutto nella Bassa Italia. Sono le condizioni per accedere al maxi finanziamento.

In questo contesto dopo le ultime elezioni regionali si corre un grande rischio, cioè la corsa dei governatori regionali alla borsa piena di denaro per accontentare particolarismi e progetti non essenziali allo scopo. Le percentuali monstre di De Luca, Zaia, Toti e dello stesso Emiliano gli consentono di sedersi al tavolo delle trattative con un forte potere contrattuale. Dovessero fare la voce grossa per garantirsi progetti e denaro come del resto già accade con la Conferenza permanente Stato-Regioni, la deriva sovranista regionale è dietro l’angolo. L’Italia rischia di sprecare quella valanga di soldi per accontentare i governatori a discapito di una visione unitaria e concreta del sistema paese. Dal canto loro, i presidenti di Regione, utilizzerebbero questo strumento per rafforzare ulteriormente quel consenso già forte del risultato elettorale. L’autonomia regionale in questi anni sta producendo lo sfascio del Paese, con un impatto economico e sociale devastante. D’altronde basta consultare i dati delle ricadute occupazionali per rendersi conto della gestione poco oculata e strategica degli enti regionali.

Il Governo deve prendersi la responsabilità di guidare l’auto fin dalla sua accensione, accelerare e portarla alla fine della corsa ribaltando una volta e per tutte una politica di mancati investimenti nel Mezzogiorno. Se affonda il Sud, tutto il Nord sarà trainato alla deriva.

 


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