La Fenomenologia del tamarro: storia, origine e segni distintivi


Il termine Tamarro è un gergale della lingua italiana utilizzato per indicare una persona rozza ed il suo utilizzo assume a volte un’accezione ironica e sarcastica. Nel gergo giovanile indica una categoria di giovani di entrambi i sessi con comportamenti che evocano l’aderenza a determinati modelli (vestiario, convivenza, tipo di linguaggio, forme di intrattenimento, interessi) e al ceto di appartenenza, sforzandosi di adeguarsi ai modi di vita cittadini, ma in maniera eccessiva e volgare. Il termine, utilizzato spesso come aggettivo, non si riferisce solo alle persone ma anche a cose associabili ai modelli di riferimento evocati dalla parola stessa. Come, ad esempio, il vestirsi in modo vistoso sfoggiando le marche, lo sfrecciare in auto a tarda notte con la musica ad alto volume, il parlare ad alta voce ed in modo sguaiato ed il gesticolare eccessivo.

Ma da dove deriva il termine “tamarro”? Diversamente da quanto si potrebbe pensare, il tamarro non è un Made In Italy, ma un’importazione dal Medio Oriente, infatti deriva dall’arabo tammār, che significa “venditore di datteri”. I venditori di datteri non avevano la fama di intellettuali raffinati e quando il termine sbarcò sulle nostre coste passò ad indicare un giovane che scimmiotta i modi e i costumi della società capitale. Oggi la parola viene utilizzata soprattutto nel sud Italia per indicare uno che tenta ostentatamente di atteggiarsi come persona alla moda, ma che per vari motivi non ci riesce. Esibisce il proprio vestito non perché è un bel vestito, ma perché ritiene che il tal abbigliamento o la tal marca soddisfino le aspettative degli altri. La moda, appunto, per il tamarro è un’ossessione. Dimenticate le passerelle e i trend di stagione: ha un universo stilistico parallelo tutto suo che ha solo qualche punto di contatto con quello del resto del mondo.

Nei vari dialetti italiani ci sono termini dal significato simile, come tarro, zarro, zamone (utilizzati prevalentemente nel nord Italia), gabibbo (termine usato a Genova), zambro, cozzalo (in Puglia), ecc. La tv, il cinema e anche la musica hanno preso spesso spunto da questa categoria di persone, come ad esempio il duo comico degli “Arteteca” (in foto) mentre interpreta appunto una coppia di Tamarri, o come nel 2011 che addirittura è andato in onda in tv un reality show, “Tamarreide”, dove protagonisti erano otto concorrenti che si autodefinivano tamarri.

L’abito non fa il monaco ma lo fa riconoscere. Oltre la totale assenza di cultura che inevitabilmente scaturisce dalla propensione verso il conformismo, i segni caratteristici del tamarro come lo intendiamo noi sono evidenti e ben noti a tutti. L’uso eccessivo della lampada a raggi Uv, in quanto il tamarro non accetta nessuna forma di pallore, il gel per capelli, la ceretta, i tatuaggi (meglio se con scritte o nomi di mamme, fidanzate ed ex), avere il domicilio in palestra, essere ipertecnologico (immancabile lo smartphone per i selfie) ed infine il già citato abbigliamento, con magliette super scollate, colori catarifrangenti e collane ben in vista.

 

 


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