RAPPORTO SVIMEZ. Il Pnrr non basta, aumenta il divario tra Nord e Sud. L’effetto della rapina da 140 miliardi

Foto fb Presidenza del Consiglio


Il Pnrr non basterà: il divario tra Nord e Sud è destinato ad aumentare e, in questo scenario, ad essere stato determinante è soprattutto lo scippo di risorse al Mezzogiorno per circa 142 miliardi di euro. Invece del 68-70% spettante, infatti, si è scesi al 40% di fondi per l’economia meridionale. Le anticipazioni del Rapporto Svimez 2022 presentate oggi alla Camera dei Deputati “prospettano un indebolimento della ripresa a livello nazionale e un ampliamento del divario tra Nord e Sud. La pandemia, le conseguenze della guerra in Ucraina e i rischi di instabilità politica vanno a sommarsi alle storiche fragilità strutturali”.

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Il Sud, afferma la Svimez, stava partecipando alla ripresa nazionale dopo la pandemia seppur con un ritmo più lento rispetto al Settentrione. La guerra tuttavia ha cambiato le carte in tavola: “Queste dinamiche globali avverse hanno esposto l’economia italiana a nuove turbolenze, allontanandola dal sentiero di una ripartenza relativamente tranquilla e coesa tra Nord e Sud del Paese, con conseguenze di medio termine che si prospettano più problematiche per le famiglie e le imprese meridionali”.

Inflazione e consumi: si allarga il divario tra Sud e Nord secondo il Rapporto Svimez 2022

Gli effetti dell’inflazione sono più accentuati al Sud, dove crollano in misura maggiore anche i consumi. Gli investimenti sono maggiori nel Mezzogiorno, ma non in termini idonei a pareggiare la ripresa con il Centro-Nord. La crescita del PIL italiano nel 2023-2024 è stimata dalla SVIMEZ al +3,4% nel 2022, ma a ritmi diversi nelle aree del Paese: +2,8% nel Mezzogiorno e +3,6% nel Centro Nord. Questo si traduce in un divario che aumenta, quando invece la ragione del Pnrr avrebbe dovuto essere quello di assottigliarlo: a tale risultato si poteva giungere solo se il Sud fosse cresciuto più del Nord. Il Mezzogiorno resterà perciò in una condizione di subalternità.

Non finisce qui, perché la nuova crisi si abbatterà principalmente sulle famiglie più povere, le quali sono numericamente concentrate al Sud. “Nel 2022 dovrebbero frenare soprattutto i consumi delle famiglie italiane meno abbienti, sui cui bilanci incide maggiormente l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. Un’asimmetria tra famiglie che si traduce meccanicamente in un’asimmetria territoriale sfavorevole al Sud”.

La critica all’impianto del Pnrr

Nelle anticipazioni del Rapporto Svimez si procede quindi nella critica dei meccanismi del Pnrr, che in verità erano stati enucleati e sviscerati anche prima che le risorse fossero effettivamente assegnate all’Italia. Lo Stato italiano non ha fatto altro che disinteressarsi del tema e ha dirottato il 28-30% dei fondi dal Sud al Nord, secondo un disegno che a questo punto potrebbe anche essere considerato predeterminato.

“Mettere in competizione gli enti locali ha allontanato il PNRR dal rispetto del criterio perequativo che avrebbe dovuto orientare la distribuzione territoriale delle risorse disponibili per andare incontro all’obiettivo di riequilibrio territoriale. Più coerente con le finalità di riequilibrio del PNRR sarebbe stato un meccanismo perequativo di distribuzione delle risorse basato su una ricognizione dei fabbisogni di investimento”.

“Soprattutto negli ambiti in cui sono stati di recente, finalmente, definiti i Livelli Essenziali delle Prestazioni in ambito sociale (emblematico è il caso degli asili nido) e in quelli in cui comunque esistono obiettivi di servizio o standard nazionali fissati dalla normativa statale. Ambiti nei quali le informazioni sulla distribuzione territoriale dei bisogni, come vedremo nel caso delle infrastrutture scolastiche, è completa e accessibile alle Amministrazioni centrali. Sulla base di queste informazioni il “centro” avrebbe potuto – a competenze invariate – assumere la responsabilità diretta di orientare l’azione della periferia sulla priorità nazionale dell’effettiva riduzione dei divari di accesso a servizi essenziali, al di là del mero conseguimento contabile della quota del 40%”.


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