Governo del Sud, di terroni: non si parla di capacità ma della provenienza dei ministri


“Governo del nord o governo del sud?” “Il nord non ha voce”; “nord escluso dal governo italiano”. Sempre più spesso, in questi giorni, stiamo ascoltando sui media, in tv, alla radio, conversazioni inutili e deleterie per il futuro dei popoli italici. Nei programmi di dibattiti serali, sono stati spesso presenti personaggi che hanno preferito parlare della provenienza dei ministri, piuttosto che delle loro competenze e capacità. Molti cittadini contrari a questo filone, avrebbero voluto ascoltare qualcosa di più interessante e magari, meno razzista.

Il solito Feltri (“uno zoo di terroni ostile al nord”) ha preferito sottolineare l’inferiorità dei terroni incapaci di guidare il Paese, parlando con gergo lombrosiano. Sul web tanti ad appoggiarlo (per lo più al nord), tanti a criticarlo (per lo più al sud).

Ormai più nulla ci meraviglia, in uno Stato in cui è normale trovare un museo in Piemonte ancora aperto, finanziato dallo stesso Stato Italiano, e dedicato proprio allo scienziato piemontese Lombroso, che vede nelle vetrine i resti dei briganti meridionali sezionati proprio dallo stesso, “dimostrando” la loro minorità intellettuale e fisica.

Come è ordinario trovare ancora sui libri di storia false notizie sull’inferiorità meridionale “guarita” da Garibaldi e dall’Unità d’Italia. Ecco perché a distanza di 159 anni, ancora siamo costretti ad ascoltare questi argomenti, dai Feltri, dai leghisti (rimasti del, e per il nord), da conduttori televisivi, giornalisti, politici e pseudo-intellettuali, palesemente “nordisti” – passateci il termine.

Perché se dopo 159 anni di unità nazionale, ancora si parla di politici settentrionali (capaci) o di politici meridionali (incapaci), vuol dire che le cose devono rimanere così. Non importa se le maxi-truffe, le maxi-tangenti, le maxi-evasioni e i maxi-furti, ormai ampiamente documentati e spesso ai danni del sud, sono stati spesso attuati proprio da politici lombardi, veneti, piemontesi o emiliani (oggi ci provano con l’autonomia differenziata).

Essi da nord a sud non vengono ancora identificati come politici “italiani”, che dovrebbero fare il bene del Paese, ma come politici “del nord” e “del sud” perché l’uguaglianza non è neanche presente tra gli stessi servitori dello Stato, ed è cosi anche per la ripartizione dei fondi.

La domanda è sempre la stessa: “questa Italia è stata fatta? E gli Italiani?”. Sia chiaro, stiamo parlando di 11 ministri del sud (di cui molti senza portafoglio), “contro” i 9 ministri del nord, ma non basta essere del sud per fare politiche a favore del sud. Infatti spesso è più facile trovare un politico del sud che abbia fatto gli interessi del nord, piuttosto che il contrario.

Anche nel governo precedente a “maggioranza” sud, possiamo constatare la compattezza delle istituzioni del nord, da destra a sinistra, per politiche a favore del settentrione. Fanno squadra quando si tratta di far passare la mozione per il Tav (spesso con l’appoggio dei senatori del sud con ordini degli stessi partiti), e non magari per il treno che Matera, capitale europea della cultura, ancora non ha, o per la difesa dell’autonomia differenziata, sempre a favore delle regioni settentrionali più ricche. La ragione? Chi finanzia i partiti, il sud povero?

Ormai è chiaro a tutti che le divisioni italiane non sono più destra e sinistra, ma nord e sud con le politiche del “si salvi chi può” o del “più a me, che a te”.

La perplessità di tantissime persone, emerse negli ultimi giorni, evidenzia però che, durante i governi precedenti, quando era il sud a non avere voce (e chissà se adesso l’avrà), non sono stati fatti programmi televisivi o radiofonici per sottolineare che il meridione, sempre più isolato ed abbandonato, non era presente ai tavoli di governo. È “paradossale” che adesso la figura del “vittimista” venga interpretata proprio da quei personaggi che hanno spesso tacciato i meridionali di assistenzialismo e vittimismo.

Facciamo un po’ di conti: negli ultimi 159 anni di unità nazionale abbiamo avuto, tra Monarchia (sabauda-piemontese) e Repubblica (che in 73 anni ha visto 65 governi), l’attuazione di politiche favorevoli al nord e contro il sud (pur partendo da uno stesso Pil nel 1861), perché doveva esserci un nord produttivo ed un sud cliente e fornitore di manodopera (tesi provate persino dai libri universitari). Questo è tuttora lo stato attuale di questo Paese.

Non importa se il sud vede 61 miliardi di euro in meno a parità di popolazione rispetto al centro-nord: dovrebbe infatti ricevere il 34% dei fondi, quando ne vede solo il 28, compresi i fondi europei che dovrebbero essere di supporto. Non importa se il sud non gestisce i suoi beni culturali, turistici, petroliferi spesso gestiti da aziende del nord o addirittura straniere; non importa se il sud compra dal nord 70 miliardi di euro l’anno di beni alimentari e non importa se il nord viene al sud a costruire le grandi opere, portando ovviamente al nord guadagni miliardari. Il nord avrà sempre più voce proprio per la potenza economica e politica che ha rispetto al sud, e con un sistema clientelare che vede il sud sottomesso su tutti i fronti.

Insomma, in questo governo così strano per tanti, il sud ha qualche speranza in più rispetto ai precedenti, poiché pare che almeno qualche ministro conosca bene i problemi del Mezzogiorno, e sa che se vuole cambiare il sistema Italia prima che crolli del tutto, deve cominciare a restituire il mal tolto a chi di dovere, ed investire equamente nell’intero Paese.

Abbiamo ormai “perso” il conto dei tanti governi succedutisi in Italia dal 1946 ad oggi, e sempre più persone al sud cominciano a gridare “equità o secessione”, e sempre più persone al nord sottolineano “basta mantenere il sud, vogliamo più autonomia”. Si spera che la pentola a pressione ormai al limite, non scoppi definitivamente, altrimenti si avrà ufficialmente quello che di fatto è già presente, una divisione definitiva di questo “Paese”, che seppur “Bel”, rimarrà sempre e solo un sogno.


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