Svimez: il Pnrr non basterà a salvare il Sud. Troppi miliardi dirottati al Nord


Il Pnrr non sarà sufficiente affinché il Sud si riprenda e colmi in maniera sufficiente il divario con il Nord. A dirlo è la Svimez (Associazione per lo SViluppo dell’Industria nel MEZzogiorno), che ha pubblicato un report dal titolo Nord e Sud: uniti nella crisi, divisi nella ripartenza.

Se le crisi del 2008/2014 e del 2020 (Covid) hanno riguardato entrambe le aree del Paese, non la stessa cosa si può dire con le relative riprese economiche. In particolare, “Nel 2021 il Pil italiano dovrebbe aumentare del 4,7%; in maniera più accentuata al Centro-Nord ove verrebbe superata, seppure di poco, la soglia dei cinque punti percentuali (5,1%) mentre nel Sud il livello dell’attività economia è previsto mettere a segno un progresso di poco superiore ai tre punti percentuali (3,3%) […] Nel 2022, l’espansione del Pil dovrebbe risultare meno accentuata pur rimanendo su tassi comunque elevati: +4,0% nella media nazionale […] A scala territoriale, il Centro-Nord dovrebbe far registrare un progresso del 4,3% e il Sud del 3,2%”.

Tutto questo nonostante il Pnrr e il Recovery Fund, finanziamenti che l’Europa ha concesso in misura maggiore all’Italia proprio a causa del divario tra Nord e Mezzogiorno. Stando ai criteri adottati dalle istituzioni europee, al Sud dovrebbe spettare il 68% del Recovery Fund, mentre il Governo gliene ha assegnato soltanto il 40%. Non solo, secondo calcoli fatti dalla stessa Svimez, riconoscendo al Sud il 50% del Recovery Fund la crescita sarebbe maggiore non solo per il Meridione, ma a livello nazionale sarebbe più elevata di un punto percentuale. La strada che si è scelta, invece, è stata quella di favorire ancora una volta il Nord scippando risorse a chi ne ha più bisogno e regalare soldi a chi è già ricco.

Nel PNRR – scrive la Svimez –si esplicita una quota di risorse destinate al Sud del 40%, ovvero circa 82 dei 206 “territorializzabili” dei complessivi 222 miliardi complessivi (di cui 191,5 da RRF e 30,6 dal fondo complementare al PNRR). Si tratta di un’incidenza superiore al peso della popolazione delle regioni meridionali e perciò da valutare positivamente. Tuttavia, come risulta dalle simulazioni della SVIMEZ basate sul modello econometrico NMODS dell’Associazione già presentate al Parlamento, una distribuzione territoriale delle risorse più favorevole al Mezzogiorno, e più coerente con l’obiettivo europeo della coesione territoriale (pari al 50%), non solo avrebbe l’effetto di incrementare significativamente la crescita del PIL meridionale e di attivare un ulteriore incremento di posti di lavoro, ma determinerebbe anche una maggiore crescita complessiva dell’economia nazionale di circa un punto percentuale”.

Un altro rischio è che il Sud perda parte dei fondi, già estremamente ridotti, a causa dell’insufficiente personale amministrativo che possa realizzare i progetti da finanziare.

“Ma più che ogni considerazione sulla quantità delle risorse stanziate “ex ante” è essenziale precostituire le condizioni attuative per passare dagli stanziamenti alla spesa effettiva per assicurare che gli interventi programmati producano ricadute effettive nei territori a maggior fabbisogno. Il che rimanda al limite “strutturale” richiamato in precedenza. Con riferimento, innanzitutto, alla parte di investimenti pubblici da destinare alle amministrazioni locali sulla base di procedure competitive. La minore capacità progettuale delle amministrazioni meridionali le espone infatti ad un elevato rischio di mancato assorbimento. Con il paradosso che le realtà a maggior fabbisogno potrebbero beneficiare di risorse insufficienti. Se si vuole scongiurare questo rischio, va rafforzato il supporto alla progettualità di questi enti”.


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