Il Tuca Tuca, così Raffaella Carrà ed Enzo Paolo Turchi scandalizzarono l’Italia


Era il 13 novembre 1971 quando un semplice balletto cambiò per sempre la morale pubblica italiana. A Canzonissima Raffaella Carrà ed Enzo Paolo Turchi ballarono il Tuca Tuca, una coreografia ideata da Don Lurio che prevedeva particolari contatti tra i due esecutori, mentre grazie ad una particolare inquadratura della seconda telecamera sembrava che il ballerino napoletano toccasse punti proibiti del corpo di Raffaella al posto dei fianchi.

Una performance che entusiasmò immediatamente il pubblico, ma troppo osé per l’epoca, tanto che su pressioni del Vaticano la dirigenza Rai lo bandì dalla Televisione. Fu la stessa Raffaella Carrà a raccontare lo scandalo: “Lo ballai la prima volta con Enzo Paolo Turchi, e l’Osservatore Romano  – racconta al Corriere della Sera – fece pressioni in Rai per stopparlo. Riuscii a riportarlo in tv solo grazie ad Alberto Sordi, a cui nessuno diceva no. Io mi vestivo così, pantaloni e top corto, senza nessun secondo fine. Ma evidentemente, senza rendermene conto, stavo rompendo gli schemi. Forse perché ballavo in modo libero, forte, comunicavo energia, non una sensualità eccessiva. E dunque è stato più facile far passare un messaggio di libertà. Mentre ballavo non pensavo: guardate come sono brava. Pensavo: dai, venite a far casino con me”.

Quello che si scatenò fu un vero e proprio finimondo in un’Italia estremamente bigotta e molto influenzata dalla religione cattolica. I giornali parlarono per giorni di quel balletto, di quei tocchi proibiti, ma dall’altro lato c’era comunque un’Italia che aveva voglia di libertà, di leggerezza. Una nazione i cui costumi stavano cambiando soprattutto grazie al ’68, che stava andando in una direzione precisa. Raffaella Carrà ebbe il merito di dare una bella accelerata a tale transizione, la scossa che serviva per non tornare mai più indietro.

Celebre fu proprio il ritorno in TV del Tuca Tuca, stavolta con Alberto Sordi e l’ombelico scoperto per la Carrà, altro simbolo della rivoluzione del costume italiano. Un destino scritto nella vita di Raffaella, poiché proprio l’ombelico era il protagonista di un aneddoto raccontato dall’artista: “Mia mamma alla nascita aveva avvisato l’ostetrica: falle un bell’ombelico, che sembri un tortellino”. Quel tortellino che scandalizzò l’Italia intera, e la cambiò per sempre.


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