Video. Giordano Bruno celebra il Grande Vulcano: “Fratello Vesuvio…”


Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell’ascoltarla“, queste le parole rivolte da Giordano Bruno ai giudici dell’Inquisizione, quando lo condannarono a morte, il 17 febbraio del 1600.

Oggi ricorre l’anniversario dell’esecuzione, in via Campo de’ Fiori a Roma, di uno dei più grandi filosofi e scrittori che il nostro territorio abbia partorito. Condannato a morte per eresia dalla Santa Inquisizione, fu condotto nella nota piazza romana con la lingua straziata in una morsa di ferro perché non parlasse, nudo, legato a un palo e bruciato vivo. Per Giordano Bruno Dio e Natura si fondono in un’unica realtà, da amare e rispettare, queste teorie ed il suo pensiero sulla Trinità, sul Cristianesimo e sulla Sacra Scrittura, gli costarono la vita.

La sua filosofia però divenne immortale ed aprì le porte alla Rivoluzione scientifica, infatti, egli è considerato il padre di alcune teorie della cosmologia moderna, da sempre considerato il martire del libero pensiero. Nato a Nola nel 1548 fu formato ed educato da un prete del paese che lo indusse alla vita monastica, ma nel 1576 la sua indipendenza di pensiero e la sua insofferenza verso i dogmi cattolici si manifestò palesemente e questo, dopo averlo portato all’abbandono dell’abito domenicano e alle sue peregrinazioni in giro per l’Europa, lo condusse inevitabilmente alla condanna.

Roma dedicò al filosofo un monumento a via Campo de’ Fiori e anche una serie monetale del 1890 e dal 2004 si commemora l’anniversario della sua morte avvenuta proprio il 17 febbraio 1600. Ma è con la sua città natale, Nola ai piedi del Vesuvio, che ha mantenuto un legame viscerale anche dopo la morte. Numerose sono le iniziative organizzate dalle varie associazioni culturali cittadine e napoletane, in onore di Giordano Bruno.

monumento

Monumento a Giordano Bruno a Nola

Da bambino egli era solito osservare il Vesuvio da Nola, salendo sul monte Cicala e più volte ha immaginato di dialogare con il grande vulcano, come si legge in alcuni passi tratti dal “De Immenso” e che in questo articolo proponiamo nella meravigliosa versione raccontata da Toni Servillo, nel documentario del 2014, “Sul Vulcano” di Gianfranco Pannone. Contrapposto al fertile sito nolano, da lontano il Vesuvio doveva apparire come un oscuro ammasso: “Quello con il dorso ricurvo, quello che si piega su se stesso con una dentata china, che fende il cielo contiguo? Tanto lontano da qui, così brutto coperto di fumo, non produce alcun frutto, né mele, né uva, né dolci fichi. È privo di alberi e giardini, oscuro, tetro, triste, truce, spregevole, avaro“. Ma una volta salito sul vulcano il filosofo vive un’emozione totalmente opposta, da vicino si mostra: “superbo per la molta vegetazione, ricco di uva pendente abbondantemente dai rami, e di frutta svariata“.

Eppure è mio fratello e mi ama e vuole bene anche a te, osservalo bene, dunque e non disprezzarlo. So che non farà niente che ti sia molesto e se non vorrai rimanerci, ritornerai.

Questo articolo fa parte della rubrica I figli illustri di Napoli.

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