De Magistris torna sul debito del Comune: “Non andremo in dissesto. Siamo acrobati dell’amministrazione”


Napoli– Il Sindaco Luigi de Magistris è intervenuto questa mattina a Radio 1 sul debito della città, quello che si trascina dietro già dagli anni ’80 del post terremoto.

La situazione amministrativa ed economica di Napoli non affronta un momento florido. Oggi certamente il problema principale è quello del Coronavirus, ma nel corso degli ultimi anni si  parlato tanto anche del debito del Comune. Un debito che il primo cittadino Luigi de Magistris continua a sostenere che riguardi tutto il paese e non solo la città partenopea.

Ciò che ha fatto Napoli in questi anni è, secondo de Magistris, un vero e proprio miracolo. La città non va in dissesto solo perché chi la governa è diventato un abile acrobata dell’amministrazione.

Intanto però le casse del Comune sono state rimpinguate dall’ottenimento di un prestito di 500 milioni di euro. Una cifra che permette di prendere una boccata d’aria fresca all’economia napoletana.

Queste le parole di Luigi de Magistris sul debito: “Abbiamo ancora un debito storico dello Stato. Non dei cittadini napoletani. Debito che si trascina dal terremoto dell’80. Quando avevo 13 anni. Noi non andremo in dissesto ma perché in questi anni siamo diventati acrobati dell’amministrazione. E’ un miracolo e la situazione non è migliore nelle altre città. Anzi al Sud forse abbiamo la capacità di friggere il pesce con l’acqua.”

Sul turismo: “La situazione è drammatica anche se Napoli nel contesto non sta andando male, vedo segni di ripresa e anche turisti che cominciano a venire. Ovviamente, se pensiamo a cos’era NAPOLI tre mesi fa, ora tutti rimpiangono quel periodo anche se prima c’era il dibattito sulla gentrificazione, sui troppi turisti e sulla troppa internazionalizzazione. Ora  bisogna ripartire, avere coraggio e visione, non scoraggiarsi ed essere responsabili sul piano sanitario ma senza allarmismo e terrorismo psicologico, altrimenti dalle nostre parti, dove lo tsunami pandemico non c’è stato, avremo più vittime sociali, economiche e del lavoro che per l’emergenza sanitaria.”


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