S. Antimo. La lettera di Stefania, uccisa dal marito: “Quando morirò, mio figlio…”


Alla mia morte, qualunque ne sia la causa, mio figlio deve essere affidato a mia madre e mio padre e in caso di loro morte a mia sorella Fabiana“, così scriveva Stefania Formicola il 28 aprile del 2013. La donna uccisa ieri mattina a S. Antimo, nel napoletano, aveva paura di morire, nonostante ciò aveva avuto un altro bambino, ma il terrore di essere uccisa per mano del suo ex non scompariva.

Solo quindici giorni fa aveva lasciato il marito che la minacciava e la picchiava. Tutti presagi di una morte annunciata.

Come riporta ilmattino, “Aveva paura, ma non si rivolgeva alle forze dell’ordine perché sapeva come sarebbe finita se lo avesse fatto“, spiega Adriana la madre di Stefania.

Fino ad un paio di settimane fa, quando la donna tornò a casa dei genitori: “Non lo voglio più – aveva detto – Carmine mi picchia e mi ha anche puntato una pistola in faccia“. “Carmine, però, non si era arreso – racconta Adriana – e dopo qualche giorno aveva bussato alla nostra porta, si era inginocchiato e aveva chiesto scusa. Io gli avevo risposto di rivolgersi all’avvocato. Era mio dovere difendere mia figlia”. I Carabinieri avevano in quel frangente allontanato il giovane dalla casa dei suoceri, il resto lo sappiamo.

Troppo poco. Il femminicidio in Italia è diventato non un fenomeno, ma una piaga sociale, come il cancro. Troppo spesso gli uomini, non accettando il rifiuto della loro donna, ricorrono a questa pratica “distruttiva”. Né mia, né di nessun altro. Come Carla di Pozzuoli, data alle fiamme dal suo ex e “cancellata” dalla società.


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