Vittoria per Tiziana Cantone, “sì” al revenge porn: pena fino a 6 anni di carcere


Dopo una prima bocciatura, il reato di revenge porn è stato approvato. Questa volta con un sì unanime della Camera, infatti i parlamentari si sono espressi favorevoli all’introduzione nel codice penale di una legge che possa difendere tutte le vittime di immagini e video a sfondo sessuale, diffuse senza il loro consenso.

Questo “sì” della Camera è valso come una grande vittoria per la mamma di Tiziana Cantone, la ragazza suicida nel 2016 a causa di un senso di vergogna che non l’ha mai lasciata, dopo la diffusione di un video a sfondo sessuale da parte del suo ex compagno. Una battaglia per tutelare tutte le donne vittime di questa “violenza informatica e multimediale” che la mamma di Tiziana sta portando avanti con coraggio e nel ricordo della figlia. E grazie alla sua tenacia e alle sue tantissime interviste in cui ha sensibilizzato tutti a questo grande problema che distrugge e logora emotivamente la vittima, è riuscita a raggiungere un primo grande obiettivo.

Oggi per me è un giorno davvero speciale– ha dichiarato Maria Teresa Giglio, mamma di Tiziana Cantone- un primo e concreto riconoscimento ad una battaglia che ho intrapreso da quando l’avverso destino mi ha portato via il bene più prezioso che la vita mi aveva donato. Una promessa d’amore verso mia figlia che ha dovuto rinunciare alla sua vita per trovare quell’oblio che le sarebbe spettato di diritto”.

Quando la legge compirà anche il suo iter in Senato, chi commetterà questo reato dovrà scontare da 1 a 6 anni in carcere e pagare una multa che vada dai 5 ai 15 mila euro. La stessa pena verrà applicata anche per chi, pur non essendo l’autore del video o delle immagini, ma avendo solo acquisito da altre fonti il materiale, a sua volta lo invierà ad altri e lo pubblicherà senza il consenso dei “protagonisti”, con il fine di discriminare. La pena aumenta nel caso in cui a rendere pubblico video o immagini sarà una persona di fiducia, come marito, fidanzato oppure se ad essere immortalata nel materiale multimediale o fotografia sia una persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o a danno di una donna in stato di gravidanza.


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