Giulia Tramontano, il magistrato: “Ci sono sempre dei segnali di allarme, come la gelosia e alzare la voce”

Giulia Tramontano


Il caso di Giulia Tramontano ha scosso l’Italia intera, un Paese che però tende spesso ad agitarsi in casi del genere senza aprire una riflessione reale, in grado di portare ad una rivoluzione nel costume e nelle leggi. Il pericolo che la tragedia immensa di Giulia e Thiago non sia l’ultima così come non è la prima, che venga dimenticata non appena si giri l’angolo. Che gli Alessandro Impagnatiello di turno vengano lasciati sostanzialmente liberi di agire.

Giulia Tramontano, il magistrato spiega i segnali che devono allertare le donne

Cosa si può fare affinché non avvengano più drammi come quelli di Giulia Tramontano? Sicuramente se ne deve parlare, ma soprattutto bisogna estrapolare quei comportamenti e quei segnali potenzialmente comuni a tutte o la maggior parte della fattispecie, e comunicarli alle donne che sono le potenziali vittime. A tal proposito è illuminante un’intervista pubblicata dal quotidiano Il Messaggero al procuratore di Tivoli Francesco Menditto, autore con Paola Di Nicola Travaglini del libro Codice Rosso – Il contrasto alla Violenza di genere: dalle fonti sovranazionali agli strumenti applicativi.

Alessandro Impagnatiello

Alessandro Impagnatiello, l’assassino di Giulia Tramontano

“Ci sono sempre campanelli di allarme”

Menditto afferma che Prima di un femminicidio, ci sono sempre alcuni campanelli d’allarme, anche se non sempre vengono colti”. Il pubblico ministero elenca alcuni di questi segnali: La gelosia è un segnale pericoloso, se l’uomo alza la voce è un altro segnale. Anche un solo schiaffo è un campanello d’allarme che non va sottovalutato fin dalla prima volta. Il controllo del telefono, della spesa, il cosa fai’, sono tutte forme di violenza”.

Anche avere altre relazioni è un segnale da non sottovalutare: “Posso dire che, in generale, il tradimento può essere una forma di sopraffazione. Un esperto, consiglierebbe a una donna di capire e di lasciare quell’uomo, perché ha se stesso come centro e non la riconosce come persona”.

Fare un identikit dell’assassino è complicato

Fare una sorta di identikit dell’assassino resta molto complicato, ma questo non toglie che occhi attenti possano fare la differenza. Per questo è importante confidarsi con amici, persone di fiducia o meglio ancora esperti, magari dei centri anti violenza. “Ogni uomo che commette un femminicidio ha una storia e un modo di comportarsi che consente a occhi attenti (capaci di leggere) di cogliere i segnali, a volte piccoli, di persone intrise di una cultura che non riconosce le donne come persone. Un atteggiamento che si può manifestare in molti modi, ma di fatto, pone sé al centro e pretende che la donna sia un oggetto che subisce”.


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