Investimenti, 100 miliardi all’anno per il Sud spariscono: dirottati al Centro-Nord


Tanti dati, sempre più chiari ed espliciti, vengono analizzati e ufficializzati da varie istituzioni sulle cause e gli effetti del divario Nord – Sud.

Adriano Giannola, presidente di SVIMEZ, ha dichiarato, durante un’intervista andata in onda lunedì 7 ottobre su Rai Tre nel programma “Presa diretta”, che il Sud viene trattato di fatto come una colonia (pur non affermandolo esplicitamente), in quanto quel “nord produttivo”, senza il suo mercato interno (il sud che compra), non riuscirebbe di fatto ad andare lontano, e che affermare l’esistenza di un nord produttivo ed un sud parassita, non sarebbe altro che una fake news.

Di fatto, una colonia non è altro che una terra ricca con una popolazione povera, che non gestisce autonomamente le proprie ricchezze e viene sfruttata, trattata come fonte dalla quale assorbire il più possibile, a beneficio di una parte del paese, e a danno ovviamente dell’altra.

“Queste sono questioni di un Paese che non si vede più Paese – afferma Giannola – perché reputa la questione meridionale come un problema a parte; sono fatti di quei venti milioni di meridionali, ma bisogna capire che se non si risolve il problema del Sud, affonda tutta l’Italia”.

Le relazioni della Banca d’Italia nel 2011, affermavano che investire al sud conviene. Fino al 2008, era stato previsto di destinare il 30% degli investimenti al Mezzogiorno, ma secondo SVIMEZ al Sud è arrivato solo il 20% degli investimenti invece del 34% (densità di popolazione) nel Mezzogiorno che, ha diritto, se è veramente italiano, di essere trattato con uguali opportunità, strutture, infrastrutture e possibilità di tutto il resto del Paese. Quel 14% non investito al Sud, pari a circa 100 miliardi di euro l’anno, è andato direttamente nelle casse del Centro Nord.

Nel programma televisivo, sono stati mostrati dati circa gli investimenti degli ultimi vent’anni da nord a sud; dal 1999, su 317 miliardi di opere pubbliche infrastrutturali programmate ed in corso, tre quarti sono stati destinati ad opere del Centro-Nord, e la rimanenza (circa 91 miliardi) per lo sviluppo del Mezzogiorno, un’esigua parte, che poi ritorna al nord, perché le aziende che operano al Sud sono quasi sempre del Nord, essendo le uniche a poter competere con le grandi gare d’appalto.

Tutte queste tesi sono state abbracciate dal governo in carica, grazie alle numerose denunce di SVIMEZ e di economisti e giornalisti del calibro di Marco Esposito, Gianfranco Viesti, Pino Aprile, Gennaro de Crescenzo.

Infatti fu la stessa commissione finanze del governo gialloverde a riportare dati da brividi, affermando che solo il 28% dei fondi su 34, erano stati destinati al Sud, pari circa a 61 miliardi di euro in meno all’anno; è chiaro che con ciò che rimane, non ci sono le possibilità, se non la manutenzione (e neanche), di creare nuove opere nel Mezzogiorno.

Megafono di questi studi (e di molte azioni di governo), è stata spesso la senatrice pentastellata Sabrina Ricciardi la quale, durante l’agorà Mezzogiorno ad Italia 5 Stelle, tenutasi durante le due giornate nazionali per i 10 anni del Movimento 5 Stelle a Napoli, ha denunciato la totale assenza d’interesse da parte dei governi precedenti verso il Sud, sottolineando i pochi fondi che sono stati destinati al Mezzogiorno negli ultimi dieci anni, ed ha evidenziato le azioni concrete che nei due governi Conte sono state attuate. Il premier, ha garantito finalmente almeno il 34% dei fondi per il Mezzogiorno. Queste sono le parole della senatrice leggendo i dati sul palco della mostra d’Oltremare:

“Si dice che al Sud vada il 28%, in realtà è il 23% dei fondi ordinari, più un 5% dei fondi straordinari, che sono fondi europei. Sono quindi, 85 Miliardi di euro in meno all’anno per il Sud, pari a 850 miliardi di euro in meno ogni 10 anni. Da quando mi sono insediata al Senato ho appreso che per il Sud, i precedenti governi, avevano stanziato un importo pari a quello speso per la Tav Brescia-Verona-Padova. La metà dell’importo previsto, solo per fare una tratta di tre province del nord era la cifra destinata all’intero Mezzogiorno.

“E non è finita qui: se sommiamo i finanziamenti dello “sblocca Italia” di Renzi a quelli della sua legge di stabilità per il Mezzogiorno, furono riservati appena il 19% dei nuovi finanziamenti, e per quanto riguarda il settore ferroviario soltanto l’1,2%. Appena ci siamo insediati, abbiamo previsto, per il 2020, 2,3 miliardi di euro, per la manutenzione e la sicurezza delle strade, e ben 23 miliardi nei prossimi tre anni, di cui il 19% al Nord, il 24% al Centro e il 56% al Sud. Per quanto concerne il dissesto idrogeologico, invece, sono stati previsti immediatamente 270 interventi.”

Insomma, ormai è stato recepito che l’Italia cresce se il Sud cresce, ci vogliono investimenti al Sud e non tagli. Per arrivare a ciò, è necessario che le opere infrastrutturali, i beni, i servizi al Sud, vengano erogati e gestiti da aziende del Sud, con sede legale, fiscale e di produzione al Sud, altrimenti non vedremo mai la fine della questione meridionale.


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