La povertà aumenta, chiusi 15mila negozi: per il Governo la priorità era cancellare il RdC

Il governo Meloni vara il decreto Caivano


Continua la crisi dell’economia in Italia, con una ripresa che verso la fine del 2022 si è dimostrata solo una illusione che ha cessato ben presto i propri effetti. L’aumento dei prezzi dei beni di consumo e il caro bollette hanno ridotto di parecchio il potere di acquisto delle famiglie, che devono affrontare necessariamente le spese primarie. A farne le spese sono anche le attività di commercio al dettaglio: i piccoli negozi infatti, secondo i dati di Confesercenti, hanno registrato un crollo del 7% circa in volume.

Aumenta la povertà in Italia: i cittadini non possono spendere, chiusi 15mila negozi nel 2022

“Se le grandi strutture di vendita sono riuscite a mantenersi in area positiva di molto poco, lo 0,2% in volume, per le piccole superfici si è rilevata, anche in media d’anno, una caduta significativa che sfiora il 2%. In particolare, soffrono le vendite di beni alimentari che da gennaio scorso registrano variazioni negative anno su anno: un indicatore, questo, del livello di difficoltà che le famiglie devono affrontare nella spesa per gli acquisti. Il 2023 rischia, perciò, di diventare nel triennio post pandemia, l’anno con il peggiore risultato della spesa domestica”.

Nel 2023 il trend non sta migliorando

Se i consumi frenano, la conseguenza è non solo una qualità della vita generalmente peggiore per i cittadini, costretti a fare delle rinunce, ma anche la chiusura di parecchie attività commerciali. Nel solo 2022 hanno chiuso ben 15mila negozi, il 2% del totale in Italia: “Uno scenario che, senza inversioni di tendenza – afferma Confesercenti Salerno – rischia di estromettere per sempre dal mercato altre 15mila imprese del settore distributivo. Per questo auspichiamo interventi rapidi ed incisivi a sostegno di famiglie ed imprese: se, come ipotizzato dallo stesso Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, nel corso del 2023 le tariffe di luce e gas si riducessero del 40%, si libererebbero circa 30 miliardi di spesa aggiuntiva. La spesa complessiva sostenuta dalle famiglie per le utenze domestiche passerebbe da quasi 76 a poco più di 45 miliardi di euro, scendendo da 2.950 euro a 1.780 euro l’anno per famiglia: così si potrebbe ridare fiato ai bilanci familiari ed imprimere un’accelerazione ai consumi, una vera boccata d’ossigeno fondamentale per le imprese”.

Si tratta, tuttavia, solo di una ipotesi, una previsione probabilmente ottimistica del ministro Giorgetti. Una previsione di cui non conosciamo il grado di attendibilità, a cui bisogna aggiungere la considerazione che, purtroppo, in Italia le personalità politiche anche quando sono al potere sembrano essere in una perenne campagna elettorale che li spinge a esagerare nelle affermazioni, producendo spesso il risultato di illudere e dare false speranze.

Il Governo ha cancellato il Reddito di cittadinanza, poi è sparito

Se questa è la situazione attuale, non è detto infatti che possa peggiorare nel futuro e soprattutto in un territorio depresso come il Sud. Il governo ha mantenuto la promessa della cancellazione del Reddito di cittadinanza, ma al momento le misure annunciate ed orientate all’ingresso nel mercato del lavoro dei percettori sembrano davvero molto lievi. Potrebbe così emergere un errore fatale, quello di avere cancellato un sussidio prima di aver pensato ad una soluzione valida che fosse in grado di dare un sostegno ai cittadini in difficoltà.

Nel frattempo continuano a emergere offerte di lavoro indecenti, quelle che proprio il Reddito di cittadinanza aveva aiutato a combattere. Spuntano sempre di più annunci che parlano di salari di 3 euro l’ora, compresi giorni festivi e con orari assurdi. Con il dilagare della povertà, aumenterà la platea di persone disposte a farsi usare da datori di lavoro che, invece, vivono nell’agiatezza procurata anche dalla possibilità di poter sfruttare la forza lavoro altrui. Questo, però, per il Governo non sembra essere un problema.


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