Covid, sei mesi di pandemia in Italia: l’unica soluzione per ora è l’immunità di gregge (forse)


Da quando è scoppiata ufficialmente la pandemia in Italia, il 21 febbraio con la scoperta del paziente zero a Codogno, i casi nel nostro Paese sono aumentati giornalmente. A ieri, sono 277.634 le persone che hanno contratto il covid-19, 35.541 le vittime e 210.015 i guariti (ultimo bollettino del Ministero della Salute del 6 settembre) nonostante il lockdown imposto dal governo Conte per limitare i contagi. Nel mondo non va meglio, sono 27 milioni i positivi al covid-19 e oltre 880 mila i decessi. Dati che mettono i brividi e che basterebbero da soli a smentire i negazionisti del virus.

Qual è quindi l’unica alternativa al momento per bloccare la pandemia? La risposta è semplice, anche se fa storcere il naso a quanti l’avevano scartata con ribrezzo: l’immunità di gregge tanto cara a Boris Johnson.

Il premier inglese a marzo aveva dichiarato:

“Il 60% dei britannici dovrà contrarre il Coronavirus per sviluppare l’immunità di gregge. Sì, il Coronavirus è una brutta malattia ma nella maggioranza dei casi ha soltanto sintomi lievi. Il virus sarà stagionale e tornerebbe anche il prossimo inverno. Per questo è importante sviluppare un’immunità di gregge, per tenere sotto controllo il virus a lungo termine”.

Dichiarazioni che fecero scalpore perché a farne le spese sarebbero stati migliaia di cittadini fragili, anziani e persone con altre patologie. Poi il covid-19 contagiò lo stesso Johnson che fece marcia indietro e fece scattare le misure restrittive. Da allora si sono contati 41 mila decessi in Gran Bretagna su 347 mila casi, più dell’Italia.

FASE 2, CONVIVENZA VIRUS – Dopo il lockdown, in attesa del vaccino, è partita la Fase 2 di convivenza con il virus. La libera circolazione tra nazioni e tra regioni ha però eliminato i benefici della chiusura forzata portando ogni Stato a uniformare i contagi. In Italia con il via libera alle discoteche e ai viaggi all’estero, si è dato il via libera anche ai contagi tra i più giovani, i più resistenti alla malattia. Una mossa voluta? Secondo alcuni sì. Non si spiegherebbe altrimenti la scelta del governo Conte di chiudere le discoteche solo dopo ferragosto e di imporre le mascherine obbligatorie solo dopo le 18. Provvedimento che cade nel vuoto come dichiarato in conferenza stampa da Vincenzo De Luca:

“Ormai da molte settimane sul piano nazionale si è deciso di non utilizzare l’insieme delle forze dell’ordine su un piano organico di controllo della sicurezza. Un fatto che valuto in maniera estremamente critica, se vogliamo convivere in attesa del vaccino e non chiudere tutto è evidente che serve un piano nazionale per utilizzare 300 mila uomini delle forze dell’ordine nelle operazioni di controllo del territorio e delle ordinanze. A titolo d’esempio negativo, il governo rende obbligatorio l’uso della mascherina dopo le 18 ma non l’indossa nessuno e nessuno controlla. Meglio non fare ordinanze che rimangono lettera morta, questo incentiva il mancato rispetto delle regole”.  

Altro dato che fa riflettere è quello sulla potenza del virus. Tantissimi esperti in tutta Italia stanno ripetendo che il virus non si è indebolito. Andando contro al direttore della Terapia Intensiva del San Raffaele, Zangrillo che dichiarò: “Il covid non esiste più”. Ma anche la positività di Berlusconi smentisce le sue precedenti dichiarazioni. Come scritto dal Manifesto ad agosto:

“È vero che nei casi positivi si osserva una carica virale inferiore rispetto ad aprile, ma questo non è dovuto all’indebolimento del virus: i casi più recenti sono stati infettati da una carica virale più bassa grazie al distanziamento sociale, al lavaggio delle mani e all’uso delle mascherine. Il virus, invece, è sempre lo stesso, in assenza di dati molecolari confermati su mutazioni del genoma virale”.

#coronavirus #COVID19
Il commento di Maria Chironna e Pier Luigi Lopalco, epidemiologo

Pubblicato da Viviana Minervini su Venerdì 14 agosto 2020

Se il virus non si è indebolito, cosa è cambiato rispetto a marzo? Perché allora si decise di chiudere tutto e ora di restare aperti? In attesa del vaccino si sta andando verso un’immunità di gregge? Tanti gli interrogativi che però restano senza risposta.

VACCINO/FARMACI – Il vaccino sembra ancora lontano. L’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha infatti frenato sulla possibilità di avere un vaccino entro fine anno anche se Paesi come la Russia lo stanno già sperimentando, a loro dire con successo. Al momento sono il mix di farmaci corretti a salvare la vita dei pazienti. Una volta compreso quali sono le conseguenze sul corpo della malattia, i medici hanno elaborato una cura più efficace che comprende antivirali e antinfiammatori. L’Aifa aggiorna costantemente su tutti i farmaci utilizzati nella cura al covid-19 e sugli studi sulla loro efficacia. Ai farmaci vanno aggiunti la distanza di un metro, il lavaggio delle mani e le mascherine che riducono il contagio. Ma basterà o si sta andando verso un’immunità di gregge?

IMMUNITA’ DI GREGGE – La spiegazione su cosa sia l’immunità di gregge è fornita dal sito della Fondazione Veronesi dal direttore dell’Unità operativa complessa di Igiene dell’Azienda ospedaliero-universitaria San Martino – IST di Genova, Giancarlo Icardi:

“Con l’espressione immunità di gregge, o immunità di gruppo, si intende quel fenomeno per cui, una volta raggiunto un livello di copertura vaccinale (per una determinata infezione) considerato sufficiente all’interno della popolazione, si possono considerare al sicuro anche le persone non vaccinate. Il motivo è chiaro. Essere circondati da individui vaccinati e dunque non in grado di trasmettere la malattia è determinante per arrestare la diffusione di una malattia infettiva. La soglia minima dell’immunità di gregge varia a seconda dell’infezione infatti i vari patogeni hanno differenti indici di contagiosità. Ma per le infezioni più diffuse, contro cui si vaccina, è possibile considerare al sicuro l’intera popolazione quando almeno il 95 per cento di essa risulta vaccinata”.

In questo caso non si considerano le persone vaccinate ma quelle guarite dal covid-19 come immuni. Anche se alcuni studi sugli anticorpi dimostrano come sia possibile che un paziente che abbia contratto il virus possa di nuovo risultare positivo. Non è quindi certo al 100% che chi ha preso il covid-19 non lo prenda più. Gli anticorpi infatti secondo alcuni studi dopo alcuni mesi spariscono. L’ipotesi è quella che lo possa avere in forme molto più lievi, quanto basta per convivere a lungo con il virus.

 

 


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